Info Santo Stefano d'Aveto
La vasta conca dove è appoggiato questo ridente paese ha caratteri prettamente alpestri: questa parte della Val d'Aveto non conta solo le due cime più alte dell'Appennino Ligure, ma pascoli, ampie foreste di faggete e conifere, torrenti prati fioriti e panorami splendidi. Il clima continentale fa sì che l'estate sia mite e piacevole mentre l'inverno ricorrono abbondanti nevicate, infatti, Santo Stefano offre ampie possibilità di divertimento agli amanti dello sci di fondo. E' un borgo a struttura fortilizia che non conta solo interessanti documenti storici ma, grazie alla sua ubicazione, ha tutte le caratteristiche di un paradiso per il relax e il tempo libero. Il folcrore avvicina alle tradizioni culturali con manifestazioni fra cui spiccano le sagre e le fiere, per organizzare il tempo libero esistono strutture ricreative adatte agli ospiti di ogni età. I dintorni presentano un mondo dove la vita continua a scorrere con il ritmo di una volta: una civiltà contadina che ha mantenuto intatta sia la propria cultura che l'ambiente con tipici paesini, una fauna e una flora d'eccezione e la Riserva orientata delle Agoraie, gioeillo botanico, con laghetti di origine glaciale e rare specie di vita. Sono meritevoli di una visita alcune frazioni: Amborzasco, dove poche case contadine non ancora ristrutturate evidenziano antichi portali a tutto sesto segnati con simboli cristiani; Alpicella, piccolo nucleo in una bellissima posizione, al centro di un altopiano, che presenta interessanti esempi di architettura rurale e una vecchia mulattiera che sale al paese dal fondovalle. Ancora Allegrezze, centro situato in prossimità del bivio che Santo Stefano conduce a Rezzoaglio e a Gramizza, con l'antica chiesa parrocchiale dall'aspetto romanico. Quest'ultimo edificio è di notevole importanza in quanto è l'unico della valle ad aver conservato l'aspetto originario, sia nella facciata che nelle colonne in pietra nera e nelle volte a crociera. Da casoni, un raggruppamento di case sparse divise in due frazioni e nascoste tra boschi e castagni, la strada s'inerpica e conduce al piazzale della Casermetta del Monte Penna, gestita dal Corpo Forestale e circondata dall'antica foresta demaniale. Santo Stefano è anche sinonimo di passeggiate, prati per pic-nic e sentieri per lunghe camminate: dal paese si può salire al Monte Maggiorasca (m.1796), la più alta vetta dell'Appennino Ligure, o al monte Bue. Un'altra escursione, invitante e non faticosa, è quella che conduce al Lago Nero.
CENNI STORICI SU SANTO STEFANO D'AVETO. Se è vero che la parola "ligure" significa "uomo dei monti", nessuno più degli abitanti dell'alpestre alto Aveto merita questa definizione. Una delle montagne avetane, il Monte Penna, prende il nome dell'antico Dio Pen, il Giove dei liguri, adorato senza tempio nei folti boschi e sulle cime. Pare che anticamente i Liguri venissero denominati "Ambros" e "Amborsasco", in dialetto locale, viene pure definito il Monte Penna, cioè Monte dei Liguri, poichè il suffisso "asco" significa appunto monte. Le ultime tribù dei Liguri ad essere vinte dai Romani, dopo una lotta durata quasi 80 anni (dal 236 al 157 a.C.), furono quelle dei Velleiati che abitavano nella foresta circostante il Monte Penna: ultima roccaforte della loro libertà piegata dal proconsole Mario Fulvio Nobiliore. Con la caduta dell'impero romano è presumibile che la valle sia passata sotto il dominio di Bisanzio ed in seguito conglobata nei territori del Sacro Romano Impero. Secoli di storico silenzio scesero sulla valle fintanto che i Benedettini di San Pietro in Cielo d'Oro di Pavia - nel VII sec. - incominciarono a propagandare il Cristianesimo partendo da Alpepiana e da Villa Cella: località dove eressero una chiesa ed un convento intitolato a San Michele Arcangelo. I Benedettini stessi, sembra certo, furono gli artefici della bonifica della piana di Cabanne, dopo che una frana aveva occluso il corso dell'Aveto nei pressi di Massapelo. Dal 1164 - anno in cui Federico Barbarossa donò in feudo la nostra valle a Obizio Malaspina detto il Grande - tre dinastie dominarono i territori avetani fino al 1796: Malaspina, Fieschi e Doria. A controllo e difesa dei loro feudi i Malaspina costruirono, prima della divisione famigliare dei due rami: "spino secco" e "spino fiorito" avvenuta nel 1221, una rete di fortificazioni che permetteva loro il controllo dei valichi appenninici tra Liguria, Emilia e Toscana. E' in questo periodo, intorno al 1200, che si presume sia stato edificato il Castello di Santo Stefano d'Aveto il cui feudo appartenne al ramo secco dei Malaspina fino al 1495, dopo di che fu ceduto dal Marchese Francesco a Gian Luigi Fieschi, conte di Lavagna. In seguito alla fallita congiura dei Fieschi (1547) contro la Repubblica, Carlo V devolve al fisco imperiale tutti i beni dei Fieschi, ivi compreso i possessi avetani, per farne in seguito dono ai Doria. La convivenza di questa famiglia con la popolazione avetana non fu delle più felici. Già nel 1591 il popolo, stanco degli abusi, occupa il castello ed uccide il commissario. Il dominio dei Doria durò, tuttavia, fino al 1796 quando il popolo scacciò l'ultimo feudatario e, si racconta, gettò i suoi "bravi" dal ponte nel centro del paese, che porta ancora oggi il nome di Ponte dei Bravi. Il territorio di Santo Stefano d'Aveto passa quindi alla Repubblica di Genova e al Regno di Sardegna. E' un periodo in cui la gente si occupa di commercio e contrabbando di merci, tanto che il ducato di Parma e Piacenza, governato da Maria Luigia d'Austria, fece costruire diverse caserme sulle direttrici più battute, dove stavano i preposti incaricati di riscuotere i pedaggi sui traffici. Ancora oggi una serie di esse al Passo del Tomarlo. Del Castello restano oggi solo i muri perimetrali dai quali è possibile ricostruire la pianta a forma di pentagono irregolare. Il tetto, i piani interni e la torre sono quasi completamente crollati. Attualmente sono in corso d'opera lavori di restauro. L'attuale Chiesa parrocchiale di Santo Stefano d'Aveto, iniziata nel 1925 e termintata nel 1928, fu costruita a fianco della vecchia chiesa e del settecentesco campanile, il quale è stato raddrizzato nel 1931 su progetto di Don Riccardo. Al centro dell'Altare Maggiore è collocata la tela raffigurante la Madonna di Guadalupe donata dal Cardinale Giuseppe Doria alla Comunità parrocchiale nel 1814, tela che si trovava sulla galea di Andrea Doria durante la battaglia di Lepanto 1571.
IL SANTUARIO DI N.S. DI GUADALUPE. Il culto della Madonna di Guadalupe nasce nel 1531 in Messico quando ad un indio, Juan Diego, da poco convertitosi al cristianesimo, apparve la Madonna e gli chiese di recarsi dal Vescovo di Città del Messico per invitarlo a costruire in quel luogo una cappella in suo onore. Il Vescovo, Juan de Zamàrraga, non volle dare credito al povero indio che mentre tornava sconfortato verso la sua casa ebbe una nuova apparizione della Vergine Maria che lo esortava a ritentare nuovamente il giorno dopo. Neanche il secondo tentativo andò a buon fine, il Vescovo, sempre molto scettico nonostante il racconto sempre più preciso e dettagliato di Juan Diego, disse che avrebbe acconsentito a fare quello che gli chiedeva se le parole fossero state autenticate da un "segno". La Vergine Maria acconsentì benevolmente alla richiesta e lasciò un "segno" miracoloso: uno splendido mazzo di rose di Castiglia fresche e profumate, nonostante si fosse fuori stagione, che lasciarono impressa nel mantello che le avvolgeva la sua immagine. Il Vescovo, con le lacrime agli occhi, chiese perdono per la sua incredulità e preso il mantello lo collocò nella sua cappella. Il giorno successivo si recò sul luogo dell'apparizione a pregare accompagnato da Juan Diego e stabilì di fare erigere nel minor tempo possibile una Cappella nella quale esporre la miracolosa immagine. Da allora il culto alla Madonna di Guadalupe si espanse in tutto il nuovo mondo tanto che nel 1910 Papa Pio X la patrona principale dell'America Latina. Il culto alla Madonna di Guadalupe arrivò in Italia grazie all'opera dei Padri Gesuiti. Un giovane di S.Stefano d'Aveto, Antonio Domenico Rossi, studente presso i Gesuiti a Piacenza, nel 1802 tornò alla sua casa natale portando con sé una immagine della Vergine di Guadalupe dipinta su lastra di rame e inquadrata in una cornice di piccole dimensioni. Giunto in paese chiese ed immediatamente ottenne dal Parroco di poterla esporre nella chiesa per la venerazione da parte dei concittadini. In breve tempo il suo culto di espanse tra tutti i fedeli e le grazie non si fecero attendere. Nel 1805 alla festa nel giorno dell'Apparizione (12 dicembre) venne affiancata anche una festa nella quarta domenica di settembre per permettere anche ai non residenti di partecipare senza grande disagio. L'ottima riuscita della festa fu tale che si decise di chiedere a Roma la facoltà di celebrarare la Messa propria del Madonna con relativa ufficiatura. Papa Pio VII assentì benevolmente alla richiesta e stabilì con Breve del 1806 di celebrare la festa nella domenica seguente il 16 agosto e concesse altresì l'indulgenza plenaria da lucrarsi, nella forma consueta, da ogni fedele confessato e comunicato che in quel giorno visitasse la chiesa. Nel 1811 il Cardinale Giuseppe Doria, segretario di Stato di Pio VII donò alla Chiesa un quadro raffigurante la Madonna di Guadalupe dipinto in Messico, dove aveva toccato l'originale e che ne è copia fedelissima. Il quadro era stato donato dal secondo vescovo di Città del Messico, Alfonso de Montùfar, al Re di Spagna Filippo II e da questi offerto in dono al grande ammiraglio Giovanni Andrea Doria, il quale lo aveva con sè, sulla sua galea, alla battaglia di Lepanto. Aumentano nel corso degli anni i favori alla Madonna di Guadalupe e aumenta la devozione nell'animo dei fedeli tanto che nel 1815 il Consiglio degli anziani della Valle dell'Aveto sentiti tutti i Parroci la proclama Patrona Principale della Valle stessa.
La Chiesa. All'inizio del secolo l'Arciprete Don Francesco Mariani dovette prendere in seria considerazione il problema della vecchia chiesa ormai seriamente danneggiata dall'instabilità del terreno. Il primo progetto, opera dell'Ing. Riccardo Questa di Chiavari, prevedeva una chiesa maestosa a tre navate in stile gotico-toscano. Purtroppo la morte dell'Arciprete committente prima e la sospensione dei lavori a causa della prima guerra mondiale dopo, fecero si che il progetto venisse accantonato. Si commissionò quindi un nuovo progetto all'Arch. Lorenzo Basso di Genova. La costruzione ebbe inizio nel 1925, con la posa della prima pietra e fu terminata nel 1928. La solenne consacrazione della chiesa avvenne il 17 agosto 1928, festa della Madonna di Guadalupe, da parte di Mons. Matteo Pellegrino Vescovo di Bobbio. Nell'occasione l'immagine della Madonna venne posta al centro del trittico dell'altare maggiore. Poche erano le opere che abbellivano la chiesa il giorno dell'inaugurazione tra le quali ricordiamo i due altari collocati ai lati dell'altare maggiore e dedicati a S. Antonio Abate e a S. Rocco; l'organo della ditta Tamburini e il pulpito, in seguito eliminato per realizzare il nuovo pavimento. Nel 1940 la chiesa iniziò a prendere l'aspetto attuale con la costruzione del trono dedicato al Sacro Cuore e in seguito con la costruzione dei troni in onore di S. Giuseppe, dell'Addolorata, di S. Lorenzo, di S. Giovanni bosco e di S.Maria Goretti.
L'incoronazione. Il Vescovo Bobbio, Monsignor Pietro Zuccarino, grande devoto della Madonna dichiarò, con suo decreto del 19 agosto 1972, la chiesa Parrocchiale di S. Stefano Santuario della Madonna di Guadalupe. Mancava solo una cosa per poter rappresentare l'amore e la devozione di tutto il popolo verso la propria Regina: la corona aurea che avrebbe dovuto cingerne il capo. Si decise di fare fondere una parte degli oggetti d'oro donati in segno di riconoscenza dai fedeli in una ricca corona da una ditta specializzata. Il 23 agosto 1987, nel corso dell'Anno Mariano indetto da Papa Giovanni Paolo II, il Cardinale Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, assistito da Mons.Giacomo Barabino ausiliare di Genova-Bobbio e da Mons. Antonio Mazza, Vescovo di Piacenza, cingeva il capo della Vergine con la preziosa corona.
Il maggiorasca, trono della Madonna. Dal 1947 domina dal monte Maggiorasca la statua della Madonna di Guadalupe, opera del Prof. Gaetano Olivari di Genova. L'opera vede la sua creazione in seguito al desiderio della popolazione e degli sfollati che si erano ritrovati in Santo Stefano d'Aveto durante la seconda guerra mondiale di ringraziare la Madonna di Guadalupe per la protezione che aveva loro donato. La benedizione al monumento venne data da Mons. Bernardo Bertoglio Vescovo di Bobbio il 24 agosto 1947. La statua in bronzo è alta metri 2,20 e poggia su un basamento in pietra scalpellata, opera di Angelo Veneziani, alto metri 5,20.
PRODOTTI TIPICI DI SANTO STEFANO D'AVETO. Non si può fare a meno di gustare il formaggio di Santo Stefano, che viene prodotto, oltre che da un caseificio, anche da diverse famiglie di Gavadi, Villaneri, Alpicella, Casafredda, Costapelata, che da secoli con il latte delle loro mucche creano un alimento di assoluta eccellenza, il cui gusto straordinario ed inimitabile lo ha reso famoso tra gli intenditori e i buongustai. Questi però quando arrivano quassù non si accontentano del formaggio ma apprezzano particolarmente anche il gusto del sarazzu (ricotta stagionata), delle patate di montagna, dello squisito miele, dei funghi profumati, dei frutti di bosco, delle mitiche torte dolci, dei canestrelli inimitabili e di una focaccia che da sola merita il viaggio. Nei numerosi ristoranti non accontentatevi dei soliti piatti, ma chiedete, anzi “pretendete” i prodotti locali: i salumi saporiti, i crosetti al sugo, la polenta coi funghi, la carne di bestiame, la capra in umido, la torta di patate, quella di cavoli, la baciocca, u bunettu, la pinolata.
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Comune di S.Stefano d'Aveto
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